Pierfranco Bruni, archeologo direttore del Ministero dei Beni Culturali e Presidente del Centro Studi “Grisi”, appoggia la riconferma di Dario Franceschini come Ministro dei Beni e delle Attività culturali sottolineando che «la sua riconferma è un fatto di garanzia per tutta la cultura italiana non solo in Italia ma anche nel mondo». Uno degli aspetti che apprezza maggiormente di Franceschini è l’aspetto progettuale della sua attività politica. «La cultura va intesa come un modello progettuale», afferma Bruni, «e in quanto tale necessita di una continuità gestionale da parte del Ministro che l’ha avviata poiché la cultura richiede lunghe manifestazioni di verifica all’interno di questi processi».
Secondo Bruni, Franceschini non solo è la persona giusta per ricoprire questo incarico, visto che essendo scrittore ha un rapporto con le attività culturali e un legame con il pubblico della cultura, ma dimostra di avere ben chiari quelli che sono i capisaldi della cultura: l’economia e il turismo, e lo ha dimostrato anche attingendo al modello culturale europeo attraverso le innovazioni introdotte nei musei. «Non si dà qualità alla vita, non si dà qualità alle città, se non c’è una qualità della cultura, se non c’è una condivisione delle culture, anche di quelle sommerse.Il bene culturale è patrimonio di una nazione e oggi, con la riconferma di Franceschini, diventa anche patrimonio identitario attraverso una riforma che apre un ventaglio di prospettive, sostiene Bruni evidenziando come i territori debbano rendersi conto che non si fa cultura soltanto con la tutela, ma anche con la valorizzazione, con la conoscenza e con la fruizione. E’ necessario rendere i musei luoghi di fruizione da parte di un’utenza sempre più ampia. Bisogna parlare sempre più di “produttività della cultura” e la riconferma di Franceschini indica che la cultura ha segnato una tappa fondamentale in questa direzione negli ultimi due anni ristabilendo un quadro generale sulle culture sommerse fino a qualche anno fa non valorizzate e non valorizzanti sul piano istituzionale. Oggi anche il canto popolare, fa notare Pierfranco Bruni, ha una sua visione che è una visione in cui il dato dei processi storici diventa fortemente un dato di dimensioni economiche.
La riforma di Franceschini, che tende a rappresentare i beni culturali come beni patrimoniali, beni identitari di una nazione che raccontano la storia di un popolo, contempla anche l’aspetto legato alla produttività del bene culturale, quindi della sua valorizzazione come bene produttivo e la sua fruizione come bene di mercato. Il turismo è l’asse portante che collega queste prospettive. Non si possono creare le città del turismo senza creare le città d’arte, senza creare una città che è visitabile attraverso un immaginario reale in cui il territorio presenta le sue manifestazioni storiche, sottolinea Bruni affermando che l’Italia, essendo al centro del Mediterraneo, deve rafforzare il suo legame con le culture mediterranee, un legame che deve essere fonte di dialettica ma anche di energia e produttività. Da quando la riforma è stata attuata, il patrimonio culturale nazionale ha riscontrato delle positività a cominciare da una maggiore affluenza di visitatori nei musei e da un nuovo interesse nei confronti di una nuova disciplina: la demoetnoantropologia. Interessarsi di etnie, di antropologia, di linguaggi è un fatto molto importante, fa notare Bruni il quale apprezza anche l’interesse del Ministero nei confronti dell’editoria e, in senso stretto, della letteratura e della poesia.
Questa attenzione ha permesso di entrare nel settore della didattica poiché è sempre auspicabile che i due Ministeri, quello della Pubblica Istruzione e quello dei Beni culturali, dialoghino e collaborino in direzione di un interesse che dovrebbe essere comune, ossia quello di offrire nuove e sempre più importanti possibilità alle giovani generazioni sia sul piano letterario, artistico, della ricerca, che sul piano della cultura popolare. Non si deve pensare che la ricerca sia demandata soltanto al Ministero delle Pubblica Istruzione attraverso le Università. La ricerca è anche compito del Ministero dei Beni culturali. Si pensi all’archeologia, ai monumenti, a questa nuova visione che si ha della cultura popolare, dell’antropologia. Pierfranco Bruni, da sempre promotore di una rivalutazione da un punto di vista storico-linguistico-culturale delle minoranze etniche nel nostro paese, non può che supportare il decisivo contributo che la riforma di Franceschini ha dato in questa direzione anche tramite la possibilità di dedicare il prossimo anno alle minoranze etnico linguistiche in un rapporto tra nuove e antiche migrazioni. Una proposta che evidenzia una grande apertura nei confronti di una pluralità di ambiti assolvendo in maniera esemplare al compito che la nuova concezione del Ministero oggi possiede: quella di svolgere, oltre alla tutela dei beni culturali, anche la produzione di quelle attività volte alla valorizzazione del territorio attraverso le culture.
Stefania Romito