di Stefania Romito
Carissimi amici, sono lieta di presentarvi una bravissima scrittrice che è entrata a far parte di recente del nostro gruppo e della quale ammiro molto la sensibilità e lo spiccato talento letterario. Il suo nome è Elena Nugnes 🙂
Ciao Elena, per me è un grande piacere averti tra noi. Tu sei una scrittrice da sempre molto attenta al disagio giovanile. Sei d’accordo sul fatto che la letteratura possa costituire una sorta di ancora di salvezza per le nuove generazioni?
Fin da bambina ho nutrito un amore intenso per i libri, ricordo che mi aggiravo nello studio di mio nonno e curiosavo nella vecchia libreria zeppa di volumi, la carta stampata aveva per me un fascino magnetico. Mi si apriva un mondo di opportunità. Da adulta e da insegnante ho continuato ad amare la letteratura e ho cercato di trasmettere ai giovani la passione per la lettura. Inoltre avendo dedicato molti anni della mia vita alla prevenzione del disagio giovanile e all’ascolto, ho compreso che la letteratura poteva essere un’ancora di salvezza, un mondo in cui rifugiarsi per comprendere, amare, sognare ed infine per capire meglio se stessi.
Esordisci nel panorama editoriale con un romanzo dal titolo “Le avventure di una casalinga disperata”, con il quale hai vinto un importante concorso letterario. Ce ne vuoi parlare?
Era da tempo che desideravo scrivere, confrontarmi con le parole. Poi un giorno ho sentito un’urgenza interiore e mi sono detta “perché no?”. Così ho cominciato a scrivere ed ho affrontato una prova ardua: la stesura di un romanzo. Sono sempre stata attratta dalle tematiche sulla donna e quindi ho deciso di dedicarmi a loro. Ho pubblicato con la casa editrice Luigi Pellegrini il romanzo “Le avventure di una casalinga disperata” con il quale ho vinto il premio “Ecce dominae” , concorso riservato alle donne scrittrici italiane. Roberta, la protagonista, è una donna come tante, che affronta i problemi della quotidianità. Marito, figli, suoceri ed un ingombrante cane San Bernardo. Il tutto viene affrontato con ironia e leggerezza, quasi un gioco. Ne viene fuori il personaggio di una donna reale, intelligente, che impara ad affrontare la vita.
Di recente hai dato alle stampe il tuo ultimo romanzo intitolato “Caro figlio”, edito da MR Editori. Un libro la cui protagonista è una donna dal vissuto complesso che ha operato scelte non sempre sostenibili ma che, attraverso le esperienze di vita, ha saputo crescere affrontando il dolore. Ci vuoi parlare delle sue peculiarità caratteriali?
In “Caro figlio”, il mio secondo romanzo di carattere epistolare, ancora una volta la protagonista è una donna. La tematica affrontata riguarda i sentimenti archetipi dell’essere umano e in particolare della donna: la maternità. Nora è una donna ed una madre che ha affrontato il dolore ed è alla ricerca del perdono da parte del figlio, ma è anche una donna che ha osato andare controcorrente in una società benpensante e puritana, una donna che opera scelte difficili alla ricerca di se stessa per l’affermazione della propria individualità. Insomma una persona che sa anche mettersi in discussione nel tentativo di creare un nuovo rapporto di comunicazione con il figlio lontano.
Come viene rappresentata la figura maschile nel romanzo?
Nel romanzo ci sono diverse figure maschili: positive e negative. Anche se sono dalla parte delle donne a causa dei soprusi e delle disuguaglianze vissute nel tempo, tuttavia non sopporto gli stereotipi. Non tutte le donne sono buone, non tutti i maschi sono cattivi, al di là del genere esistono le persone. Nel romanzo ci sono figure maschili positive e generose come il papà di Nora, che è l’esempio di un uomo gentile, altruista e dedito alla famiglia oppure come quella di Giovanni, che è il grande amore di Nora. Al contempo ci sono personaggi come Dario e Sergio, in cui prevale una mentalità maschilista ed egoistica.
Che ruolo ricoprono le lettere nell’intreccio?
Ho scelto il genere epistolare con un preciso intento, può apparire una scelta difficile e un po’ fuori moda, ma devo dire che non mi sono ispirata ai romanzi ottocenteschi, piuttosto alla mia attività nel centro di ascolto. Infatti lavorando anche con gli psicologi ho imparato che il primo passo per far emergere un problema interiore è metterselo davanti. Dunque quale mezzo migliore che non affidarsi alla parola scritta? Ad una lettera? Nelle lettere Nora si racconta, si chiarisce a se stessa e al figlio. Nel susseguirsi delle lettere c’è tutta la vita di Nora.
Questo romanzo ha già conseguito importanti riconoscimenti, non è così?
Quando ho cominciato a scrivere, lo facevo più per me stessa. Poi sono arrivati i riconoscimenti. Infatti sono stata premiata al concorso Bukowski a Viareggio e sono risultata finalista al torneo letterario “Io scrittore” promosso da un importante gruppo editoriale italiano. Insomma per me è stato uno stimolo a continuare.
E’ stato bellissimo parlare con te dei tuoi romanzi, Elena. Noi di “Ophelia’s friends” ti auguriamo di cuore di continuare a ottenere tante belle soddisfazioni con la scrittura e anche con tutte le altre attività che segui con grande passione.
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