di Pierfranco Bruni
Il viaggio sciamanico e l’alchimia nel libro
(anche in versione e-book e con video di Anna Montella)
Il mondo della magia dei Nativi d’America è il viaggio che intreccia i linguaggi di Pierfranco Bruni in un misterioso canto verso il sublime. Sulla via dei monaci tibetani e la pazienza orientale e sciamanica vive il romanzo “Che il dio del Sole sia con te” (Pellegrini editore -email: info@pellegrinieditore.it) di Pierfranco Bruni. Si racconta di uno sciamano che osserva, prega e tollera. Accoglie nella parola il messaggio contemplante che sembra provenire da una filosofia tutta tibetana. È come se i due mondi: quello buddista e quello sciamanico si incontrassero lungo le vie e lungo i fiumi, lungo i mari e lungo i deserti e pongono al centro della piazza l’amore.
Un libro molto particolare e completamente diverso rispetto anche a “La bicicletta di mio padre” nel quale, comunque, compare anche la figura dello sciamano.
“Che il dio del Sole sia con te”, Casa Editrice Pellegrini, (anche in e-book e illustrato da Maria Zanoni), è un viaggio con il quale Pierfranco Bruni continua lo scavo del camminatore del silenzio e della solitudine, della parola che non offre consigli e non propone verità assolute, ma vie verso l’Illuminazione.
È un libro di oltre 160 pagine (euro 18.00) giocato tra il raccontare la magia degli Indiani nativi e il verso la cui direzione è focalizzata dalla presenza costante dello Sciamano ma anche della visione Buddista.
Diverso anche del romanzo in versi che sta ottenendo grande successo dal titolo: “Asmà e Shadi” e soprattutto da “La pietra d’Oriente”. Ma si lega però a “Come un volo d’aquila”, nel quale il mondo sciamanico, l’aquila, la tartaruga incontrano la devozione di una parola che è un inchino al concetto del Namasté.
“Che il dio del Sole sia con te” sembra cambiare le carte del viaggio di Pierfranco Bruni. Anche sul piano culturale. In Bruni, che parte dal mondo cattolico – cristiano (si pensi a “Paese del vento” nel quale insiste la presenza di un francescano e al romanzo “Quando fioriscono i rovi” dove è costante il messaggio di San Paolo così in “La pietra d’Oriente”), è evidente che si supera la via della religione cattolica, della cultura cattolica, e si dirige verso un articolato paesaggio esistenziale e metafisico magico, in cui il senso del mistero è alchimia, ma anche, filosoficamente e ontologicamente, vicino ad una via prettamente Orientale buddista con accanto sempre una visione del segno impeccabile del mondo degli sciamani.
Tutto questo, (Bruni lo ha espresso in diversi suoi studi e conferenze svolte negli ultimi anni), è nel passaggio dal cattolicesimo all’intreccio buddista sciamanico che è un viaggio nella metafisica dell’anima. Ma in questo libro, che ha una sua voluta organicità nello scompaginare l’itinerario narrante, esplode la forza del raccontare proprio nella tipologia della narrazione. Il popolo delle profezie e il canto sciamanico sono la vice che scava nel dio del Sole.
Luna Bianca e Tramonto sull’Orizzonte
(pagg. 82 – 85 )
Luna Bianca: “Quando il sole sarà sceso sino
al tramonto non raccontare più silenzi. Riprendi la
voce e fai cantare il vento sul mare. Così ascolterai
i sogni del tempo. Non vedi che l’accampamento è
vuoto. Le donne e i bambini si sono nascosti sotto
la montagna. La paura avanza”.
Tramonto sull’Orizzonte: “Non temere. Le stagioni
sono nella mia amicizia e i giochi dell’infinito
restano nel mistero. Nessuno ti farà del male. Devi
però saper scegliere tra la solitudine e il silenzio e
la disperazione e la tristezza. Sta in te”.
Luna Bianca ascoltò le parole e poi intonò una
recita: “Padre scioglimi le corde dei capelli e tracciami
i solchi sulla guancia. Voglio vestire gli abiti
dei guerrieri per combattere l’agonia del silenzio
e la malinconia della disperazione.
Scioglimi le mani.
Voglio restare libera.
Almeno per questa sera”.
Tramonto sull’Orizzonte cantò:
“Oblio, solo oblio.
Io non combatterò.
Ho perso tutte le guerre.
E poi ho vinto il racconto delle guerre.
Lasciamo almeno che il sogno dell’attesa si
faccia destino.
Non vedi che il fiume non smette di scorrere
sangue.
Ci vuole il coraggio del silenzio.
Tutti hanno la parola come freccia.
Ma tu resta con me.
Ad accarezzare la notte che avanza.
Senza nostalgie ma con lo sguardo nello sguardo.
Lascia che qualche freccia giunga sino alle
nostre tende.
Noi siamo invulnerabili.
Perché portiamo il mistero in noi”.
Tramonto sull’Orizzonte si domandò: “Quante
lune dovrò ancora raccontare prima che possa
giungere la luce dell’orizzonte?”.
Luna Bianca rispose: “Ascolta le onde del mare.
Ti diranno che la luce dell’orizzonte è soltanto nei
tuoi occhi. Non chiedere altro. Tutto ciò che hai
non venderlo alla pioggia. Ma conservalo sino…
a quando la notte non incontrerà l’alba e le parole
si faranno silenzio”.
Luna Bianca guardò Tramonto sull’Orizzonte
e si incamminò verso il deserto. All’indomani la
trovarono su uno scoglio di sabbia. Pregava una
antica canzone indiana e la sua voce era portata
dal vento.
Luna Bianca disse ancora a Tramonto sull’Orizzonte:
“Non dubitare mai. L’amore ha un suo
senso se l’amore conosce certezza. Le nuvole sono
nel capriccio del vento. Tu ama. Semplicemente
ama”. E Tramonto sull’Orizzonte rispose: “Io ti
cerco per sconfiggere non solo la mia solitudine
ma per offrirti l’amore. Il resto è nella foresta. Non
mi servono le asce. Fai in modo di restare nella
mia tenda”.
Tramonto sull’Orizzonte: “Non credere che
l’aurora sia sempre come chiarore che lacera il
buio. Nell’aurora ci sono dettagli che bisogna leggere,
capire, interpretare. E ci sono tristezze. Tante
sono le tristezze che si intrecciano alle malinconie.
Io ho vissuto una vita cercando di sconfiggere le
nostalgie. Ma sono sempre il sale sulla ferita. Nostalgie.
Ricordi? Io non vado più rincorrendo nostalgie.
Nel gioco infinito delle parole che pesano
tutto chiede il conto. Sono stanco. Sono veramente
stanco. Il mio accampamento vive di solitudini e
la mia tenda è in balìa del vento. Sono passati gli
anni, gli amori, i viaggi. Non ho più frecce e la mia
ascia non so lungo quale fiume resta seppellita”.
Luna Bianca: “Da giorni ti sento con la voce
sbattuta dalle maree. Hai perduto il sorriso. Non
c’eri alla danza dell’altra notte. Il fuoco, le fiamme
che cercavano la luna, le stelle nella corsa dell’Orsa
Maggiore. Ma tu non c’eri. Hai raccontato storie
lungo le pagine dei silenzi ed hai scritto misteri
mai rivelando segreti. Tu sai e io so che i segreti
sono un intrecciare di rughe. I segreti restano e le
rughe scavano tra le piante della tua esistenza. Ci
sono radici. Parole mai taciute e sempre perdute
ma anche ritrovate. Non voglio vederti triste. Sei
antico navigante, guerriero, danzatore intorno ai
falò”.
Tramonto sull’Orizzonte: “Parlo di tristezze ma
non mi lascio aggredire. Sono stanco certamente.
Non ho guerre da combattere e neppure fogli di
carta da piegare tra le vele del tempo. Vorrei soltanto
ascoltare il silenzio. Restare su uno scoglio
di mare o di montagna. Ascoltare e osservare. Nel
vuoto non c’è il vuoto. Ci sono lontananze. Le lontananze
mi appartengono e non penso ai distacchi.
Ho la voce impastata di maree e non credo però
che le maree possano vincere. Se credo nel vento
del deserto anche il vento del mare mi è amico”.
Luna Bianca: “È difficile poter restare vicina
alle tue parole. Sono pellegrinaggi. Le tue parole.
Ma io cercherò di restarci dentro. E quando non
mi sarà possibile sarò io parola. Resta con me.
Non colorarti più il viso. I tuoi bracciali e le tue
collane sono segni nell’attesa. So che vivi l’attesa e
la solitudine. Ma io sono qui. Resto con te. Dentro
di te. Non mi parlare con lo sguardo delle ombre.
Parlami con gli occhi dell’aurora”.
Che il dio del Sole sia con te