Per lo spazio dedicato alle interviste ai membri del gruppo, oggi ho il piacere di intervistare una giovane ragazza che sta per esordire nel mondo editoriale con il suo primo romanzo: il suo nome è Sabina Melantha.
Ciao Sabina, ti ringrazio per averci concesso di approfondire la tua conoscenza. Sono veramente felice di averti nel gruppo di Ophelia’s friends!
Sei genovese, ti sei diplomata al Liceo Scientifico sebbene mi abbia confidato di amare molto anche le arti e le materie classiche, tant’è che dopo il diploma ti sei iscritta a Lettere Moderne. Ci vuoi parlare di questa tua passione?
Diciamo che la passione per arti e materie classiche è sempre stata radicata in me. Sin da piccola adoravo il fatto che i miei genitori mi leggessero o mi raccontassero tantissime fiabe. Poi, col tempo, sono passata alle letture in solitaria di libri per bambini e fumetti.
E’ stato un romanzo in particolare ad averti trasformata in un’appassionata lettrice, vero?
Esatto: durante la fase adolescenziale, in cui l’amore per la lettura languiva, ho acquistato il romanzo di Stephen King “Mucchio d’ossa”. L’ho cominciato con titubanza e l’ho terminato nel giro di pochi giorni, nonostante gli impegni scolastici del momento. Dovevo arrivare alla fine e, una volta fatto, non sono più stata la stessa. Da allora soffro di lettura ossessivo-compulsiva, assieme a una particolare venerazione per il Re, oltre che un eterno senso di gratitudine nei suoi confronti.
Ti capisco, perché anch’io adoro i libri di Stephen King. Li ho letti quasi tutti… “IT”, “Pet cematary”, “Misery non deve morire”, straordinari capolavori. C’è qualche altro autore che ammiri allo stesso modo?
Adoro senza riserve il nostro connazionale Umberto Eco: la sua cinica ironia compare in ogni suo lavoro e lo ritengo un uomo coraggioso, un uomo che non si è mai vergognato di ciò che pensa e dice. Oltre che sotto l’aspetto letterario, quindi, lo ammiro molto in veste d’uomo.
Hai pronunciato una frase, in riferimento alla lettura, che mi ha molto colpita: “Leggere è come volare, indossare mille vite senza mai perdere la propria identità”. A questo punto sono curiosa di sapere cosa rappresenta per te la scrittura.
Per me la scrittura non è una scelta, ma una necessità, il bisogno di un’espressione che non poteva trovare spazio nei gesti e nei dialoghi. Perché la scrittura, per la sottoscritta, è proprio questo: la rivelazione di sé e dei propri pensieri tramite parole che mai si riuscirebbero a pronunciare.
Ma ora veniamo al romanzo che hai da poco terminato e che stai revisionando in vista di un’eventuale pubblicazione. L’hai scherzosamente definito il “Mattone” per via della sua notevole lunghezza; infatti, una volta stampato, dovrebbe aggirarsi intorno alle 600 pagine. Una scelta davvero ardita, devo dire. Posso chiederti come mai hai pensato di esordire nel panorama editoriale con un prodotto letterario di simili proporzioni?
Non mi vergogno ad ammettere che non avevo preventivato una tale mole di parole. L’idea iniziale era descrivere una situazione che, oggigiorno, si verifica sempre più spesso: la fuga dalla propria città o Paese natale in vista di una realizzazione personale e lavorativa. Ho cercato di racchiudere nel mio romanzo le situazioni che sembrano caratterizzare la vita comune: l’infelicità, la disoccupazione, la misera, l’amore, il tradimento. Ma soprattutto mi piacerebbe aver reso in maniera corretta il degrado che può raggiungere l’animo umano e l’evoluzione che una mente può subire in seguito a esperienze più o meno negative.
Il protagonista è Stuart, un ragazzo poco più che ventenne che vive in una piccola località del Mississipi. Cosa ti ha spinta a scegliere questa particolare location?
Sono stati i suggerimenti di alcune conoscenze oltreoceano a suggerirmi la piccola cittadina di New Houlka, nel Mississippi: è lo Stato statisticamente più povero degli Stati Uniti e si addiceva alla mia necessità di porre in contrapposizione un paese piccolo e indigente a una metropoli ricca come New York. Ho ritenuto che gli Stati Uniti fornissero un’antitesi molto più netta che l’Italia.
Dalla trama mi sembra un action thriller, ricco di azione e suspense. L’ambiente, almeno nella seconda parte, è quello della malavita newyorkese con il quale il protagonista entra in contatto. Mi chiedevo quali strumenti tu abbia utilizzato per descrivere un ambiente così distante dalla nostra realtà.
Lo strumento che ho utilizzato più di tutti è stata la pazienza. Il primo passo è stato farmi descrivere la città da un ragazzo del luogo, nato e vissuto lì, a Brooklyn, quartiere dove si svolge la seconda parte del romanzo. Non mi interessava conoscere una mappa a memoria, ma sapere le differenze tra i sottoquartieri, la gente che vi abitava, la mentalità delle persone locali, i costi di vita mensili, le abitudini quotidiane. Solo in seguito mi sono tuffata in ricerche approfondite sulle strutture architettoniche tipiche di Brooklyn, sulla diramazione delle strade, sull’orario di apertura e chiusura dei negozi. A questo, ho aggiunto altrettante analisi di documenti e articoli giornalistici riguardo al mondo della droga, americana e mondiale. È stato un lavoro lungo, soprattutto perché amo dare al lettore indicazioni reali e precise. O, almeno, provarci.
Mi pare di intuire che anche la sfera sentimentale rivesta un ruolo importante nella storia. Ce ne vuoi parlare raccontandoci principalmente che rapporto ha il tuo protagonista con l’amore, come lo vive?
Credo che l’amore giochi un ruolo fondamentale nella vita di ciascuno di noi: per questo ho tentato di fare in modo che fosse anche il motore del romanzo (oltre al desiderio di realizzazione personale). Stuart vive l’illusione di un innamoramento quando risiede ancora a New Houlka, miraggio che svanirà quando scoprirà che la sua ragazza, Kimberly, l’ha tradito in numerose occasioni. La slealtà di Kim lo condizionerà a tal punto da spingerlo ad abbandonare il paese e la famiglia. Solo dopo essersi addentrato nella malavita newyorchese Stuart s’innamorerà di nuovo e questa volta lo farà davvero, con tutto se stesso. Assieme a Reyne vivrà i momenti migliori della sua vita sentimentale, scoprendo una parte dell’amore che non conosceva: un amore pulito, scevro da menzogne e omissioni, un amore in cui ci si dona l’uno all’altra senza desiderare nulla in cambio, se non la reciproca felicità. Purtroppo Reyne non gli dirà tutto di sé e questo, per Stuart, sarà l’ennesimo fallimento, ben più grave del precedente. E sarà da questo evento che Stu diverrà cenere, per poi risorgere l’ultima volta.
Il romanzo di Sabina mi appassiona ancor prima di averlo letto poiché intuisco che la storia sarà coinvolgente e caratterizzata da uno stile narrativo fresco e scorrevole. Auguro di cuore a questa giovane scrittrice di trovare presto un editore disposto a investire sul suo talento… e qualcosa mi dice che non dovrà attendere a lungo 🙂
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