di Stefania Romito
Cari amici, anche oggi ho il grande piacere di presentarvi una scrittrice del gruppo che ammiro moltissimo per la sua grande sensibilità e profondità d’animo: Olimpia Piccolo 🙂
Ciao Olimpia, per me è un piacere immenso poterti intervistare. Tu sei una scrittrice autrice di due romanzi che trattano tematiche esistenziali estremamente interessanti. Prima, però, di addentrarci nel tuo mondo letterario mi piacerebbe parlare della tua professione di insegnante di religione. Quanto questo aspetto della tua vita influenza i tuoi scritti?
Diventare insegnante di religione è stata la cosa più bella che mi potesse capitare all’età di 22 anni… dopo aver incontrato il Signore, quasi per caso, ad una gita ad Assisi ed esserne stata folgorata, al punto che ho sentito forte il desiderio di conoscerlo. Per questo mi sono iscritta alla facoltà di Teologia e dopo un anno ho cominciato subito a lavorare nella scuola elementare… Parlare di Dio ai bambini che sono la parte più bella dell’umanità è qualcosa che mi entusiasma ancora oggi, nonostante siano passati tanti anni… dandomi una visione della vita positiva e sempre nuova perché mi aiuta a guardare il mondo con gli occhi dei piccoli che sono spesso occhi incantati e pieni di meraviglia. Tutto ciò sicuramente ha influenzato ed influenza i miei scritti che rispecchiano molto il mio vissuto e la mia fede.
Nel 2009 pubblichi il tuo primo romanzo dal titolo “Non è mai tardi”, una storia autobiografica che ha ottenuto importanti riconoscimenti, non è così?
Sì, è una storia autobiografica che ha vinto alcuni Premi e che quindi mi ha dato le sue soddisfazioni ma soprattutto mi ha aiutato a capire chi ero e cosa volevo… una storia che ho scritto intorno ai quarant’anni, l’età in cui si cominciano a fare bilanci esistenziali importanti. L’età in cui ci si guarda indietro, al passato per meglio capire il presente, chi siamo o chi siamo diventati… insomma cosa la vita ci ha reso. E allora si analizzano situazioni, avvenimenti, dolori e gioie che ci hanno formato e plasmato, nel tempo, per conoscere fino in fondo le proprie paure, i propri limiti ma anche le proprie energie per meglio affrontare ogni giorno la propria personale battaglia. E allora ci si accorge che ‘Non è mai tardi’ per crescere, per recuperare ciò che si è perso, nel mio caso la spensieratezza e i giorni migliori… Non è mai tardi per ritrovarsi, per amarsi ed amare… insomma per vivere ed apprezzare di questa immensa avventura che si chiama ‘vita’ ogni singolo istante, sempre… nel bene e nel male.
Cinque anni più tardi dai alle stampe il tuo secondo romanzo intitolato “A piedi nudi sulla sabbia”. Un bellissimo romanzo che descrive la sofferenza della protagonista attraverso una serie di diagnosi sbagliate e di operazioni inutili. Un travaglio fisico e psichico che la tua profonda scrittura riesce ad analizzare fornendo al lettore degli interessanti spunti di riflessione. Posso chiederti cosa ti ha indotta a trattare questa particolare tematica?
Il secondo libro è un proseguimento del primo e tocca l’apice della sofferenza della mia vita ma anche della mia gioia di vivere ed essere donna. Nasce da un problema di salute che purtroppo ha segnato tutto il mio percorso esistenziale… una lussazione congenita alle anche, malcurata e degenerata in un male più profondo ed intimo che da piccola corrispondeva alla impossibilità di muovermi, di correre e giocare e che, crescendo, è diventato disagio, dolore fisico e psichico, frustrazione e impotenza di fronte all’incompetenza e all’arroganza di alcuni medici che nella mia mente e nel mio inconscio sono diventati dei veri e propri mostri… mostri dal cui ricordo ho dovuto liberarmi… fino a quando ne ho incontrato uno che ha posto fine alle mie sofferenze… un medico capace di curare il mio corpo e insieme ad esso le ferite che intanto avevano scalfito la mia anima. Così sono rinata ed è cominciata la mia vita vera… di donna libera, felice di esistere. In questo lavoro di metabolizzazione del dolore un ruolo importante l’ha giocato la scrittura, grazie al suo potere catartico e liberatorio.
Il tuo è stato definito un romanzo di forza e di riscatto, un testo coraggioso che sottolinea il valore dei piccoli gesti quotidiani, della vicinanza autentica, di un’umanità più vera e meno urlata. Vorresti approfondire questo concetto?
Sì… di forza e di riscatto perché grazie alla scrittura io ho potuto riscattare il tempo perduto, la sofferenza, la frustrazione e trasformarle in energie nuove, positive, analizzando e dando valore a tutto ciò che mi capitava e riuscendo a trarre dal male tanto bene… il bene di un marito che mi è stato sempre vicino, portando con me ogni giorno la mia croce, l’amore incondizionato dei miei due figli che mi ha dato la forza di non mollare mai, la vicinanza autentica di persone che con piccoli gesti come il sorriso di un infermiere o la parola buona di un conoscente mi hanno fatto sentire una persona e non un numero o peggio un oggetto come tante volte capita alla persona che ha un problema di salute e che ha la sfortuna si essere sballottata come una cosa.
La protagonista del romanzo trae la forza necessaria per andare avanti anche dal suo grande amore per la scrittura. Scrivere per lei è una mirabile “strategia esistenziale”, come riporta la sinossi. Costituisce, quindi, uno strumento introspettivo privilegiato per analizzare se stessa?
Sì… come ho già detto la scrittura è stata per me un grande aiuto… una vera amica…. Da sempre. Un’amica che è cresciuta con me fino a diventare presenza costante, indispensabile, una mirabile strategia esistenziale senza la quale oggi non sarei quella che sono… una donna che scrive di sé per trovare ancora in sé la forza e il coraggio ma che proprio attraverso la scrittura esalta la vita, celebrandola ed inneggiando ad essa nella sua unicità ed incantevole bellezza.
Hai partecipato anche alla stesura di volumi di scrittura collettiva come “L’Enciclopedia degli scrittori inesistenti”, “Napolicromie” e “Napoli in cento parole”. Ci vuoi parlare di questa tua specifica esperienza letteraria?
La scrittura collettiva è stata un’esperienza divertente e senza dubbio costruttiva… motivo di confronto con altri scrittori e quindi sicuramente di crescita. Ma anche un modo per rafforzare la propria voce perché se scrivere da soli è una forma di analisi e cura di sé, scrivere insieme è condividere sentimenti, pensieri ed emozioni ed indirizzarli verso scopi e interessi comuni che possono migliorare e qualche volta anche cambiare il mondo.
Ci vuoi parlare delle tue ultime esperienze letterarie?
Sono da poco stata a Firenze per il Premio letterario Ponte Vecchio che ho ricevuto per un racconto inedito che ho scritto per mia mamma nel tentativo di conoscere ed esorcizzare quel mondo terribile in cui il morbo di Alzheimer l’ha trasportata. L’ho dedicato a mio padre che tre mesi fa è mancato e che quel mondo ha cercato di sfidare ed attraversare, con amorevole caparbietà, fino all’ultimo dei suoi giorni. E’ stato bellissimo, una esperienza molto intensa che continua a fondere vita e scrittura. Un’altra cosa all’orizzonte c’è e riguarda il mio nuovo romanzo che si intitola ‘L’altra faccia della luna’… una storia immaginaria che potrebbe essere definita come il rovescio delle storie vere che ho narrato finora… un sogno. Ammessa alla finale del Concorso letterario Cuzzolin Editore grazie ai voti della giuria popolare, per il maggior numero di like ottenuti su fb, avrebbe l’opportunità di essere pubblicato dallo stesso Editore se in sede di premiazione, che si terrà a settembre, ricevesse anche il voto della giuria del Premio… speriamo bene. Speriamo che il sogno diventi, a questo punto, una fantastica realtà!
Ti ringraziamo molto, Olimpia, per le intense emozioni che hai saputo trasmettere con le tue parole e per averci ricordato che spesso è proprio la sofferenza ad insegnarci ad amare ancora di più la vita e ad apprezzare quei piccoli gesti, quei semplici aspetti che troppo spesso tendiamo a dare per scontati e che rappresentano, invece, il significato intrinseco della nostra esistenza.
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