di Carlo Zannetti
Paul McCartney, il mancino polistrumentista, il bello dei “Beatles“, il cantante più ricco del mondo, un attore, un pittore, colui che nel 1965 scrisse “ScrambledEggs” (Uova strapazzate) che in seguito prese il titolo giusto, ovvero “Yesterday”. Il primo “Beatles“ ad eseguire da solo una canzone senza la presenza degli altri tre, il compositore di alcune tra le più belle canzoni del ventesimo secolo, quello che secondo Russ Gibb, disc jockey di Detroit, morì nel 1969. Paul McCartney, il vegetariano e l’indomito difensore dei diritti animali.
Una grande passione la mia, che dal lontano 1976 mi ha portato a studiare quasi tutto dei favolosi quattro, dei cosiddetti “FabFour”. Ho iniziato con la loro musica, che ho analizzato passo dopo passo, anche con occhio da musicista professionista quale io sono. Se tra i lettori, qualcuno desiderasse fare lo stessa cosa, esiste un grande volume bianco all’interno del quale è possibile scoprire le partiture divise strumento per strumento di tutte le loro canzoni, con gli accordi originali, compresa quella manciata di brani da loro solo interpretati come “Twist and Shout”, “Dizzy Miss Lizzy “ e pochi altri.
Questo splendido librone si intitola “The Beatles complete scores” della Wise Pubblications ed è composto di ben 1136 pagine. Dei quattro “Scarafaggi” ho visto e rivisto i video delle interviste, quelli dei concerti, ho letto tutti i loro libri intendo quelli scritti da John Lennon, George Harrison e dallo stesso Paul. Ho divorato anche una buona parte di quelli firmati da alcuni autorevoli biografi, che nel susseguirsi degli anni, si sono cimentati a raccontare i più fantasiosi aneddoti e che hanno espresso le più variegate opinioni sulla loro storia, durata poco più di una decina di anni. Ovviamente ho anche consumato tutti i loro dischi. Tanto per sfatare alcuni miti….Il primo è che “Beatles” non vuol dire scarafaggi perché in inglese la parola “Beetles” scritta in modo differente, semmai significa scarabei o coleotteri. Il nome del gruppo fu coniato o meglio inventato da John Lennon e da Stuart “Stu” Sutcliffe il primo bassista del complesso. I due amici si ispirarono all’appellativo utilizzato dal complesso musicale inglese “The Crickets”, anche perché erano proprio alla ricerca di un nome come quello, che secondo loro era perfetto, perché conteneva un doppio senso; infatti richiamava non solo gli insetti ma anche il famoso sport inglese. Così alla fine optarono per “Beatles” una parola che in inglese però non ha nessun significato.
Il secondo è che Paul McCartney non morì e non fu sostituito con un sosia per il semplice fatto che sarebbe stato impossibile trovare un suo gemello, mancino, così bravo a suonare e con una così meravigliosa voce identica alla sua.
Il terzo è che non si divisero per colpa di Yoko Ono ma solo e semplicemente perché erano tutti e quattro esauriti, esausti, sfiniti in quanto avevano lavorato incessantemente per dieci anni seguendo dei ritmi insostenibili.
Ma torniamo a Paul McCartney, quel bassista con quell’aria da primo della classe. Le sue doti di grande compositore sono indubbie, almeno fino a quando esistevano i “Beatles”. Quando poi si sciolsero, pochi anni dopo l’improvvisa morte del loro amico e manager Brian Epstein avvenuta nel 1967, sembra che Paul McCartney volesse comandare e sembra si fosse atteggiato da “Leader” del gruppo. Questa sua presunta arroganza che traspare dalla lettura di alcuni articoli dell’epoca, sarebbe stata, secondo il parere di alcuni, la vera causa della fine dei “Beatles”. Fu proprio lui che il 10 aprile 1970 annunciò pubblicamente lo scioglimento del gruppo e pochi mesi dopo arrivò fino al punto di intentare una causa nei confronti dei suoi ex amici con l’obiettivo di dissociarsi per sempre dalle loro eventuali e future iniziative a tre.
Ma secondo il mio modesto parere questi fatti sono da interpretare in modo differente.
In poche parole si deve arrivare al punto di valutare anche l’aspetto umano ovvero quel motivo irrazionale che può portarci a volte a commettere degli errori. Non è vero che il vero talento artistico deve essere per forza di cose stravagante, un po’ drogato, ubriacone e fuori di testa. Infatti Paul McCartney pur essendo un vero genio, è stato secondo me il più “normale” dei quattro. Nell’ambito musicale di livello internazionale ci sono molti esempi di persone semplici che hanno ottenuto dei grandi successi senza eccessi o tante stravaganze, solo per citarne alcuni: Mark Knopfler dei “Dire Straits”, Bruce Springsteen e Paul Simon.
Forse il clima delle ultime registrazioni dei “Beatles” era diventato una specie di clima da circo con John Lennon sempre incollato a Yoko Ono, George Harrison che pensava solo all’India ed alla sua nuova collaborazione con Ravi Shankar, celeberrimo virtuoso del “sitar” ed infine Ringo Starr che aspirava alla carriera di attore cinematografico. Così in un attimo tutto andò in fumo. Paul fu costretto a rimanere solo a combattere con una forte depressione per non avere più vicini a lui i suoi amici di sempre. Egli si ritirò in una fattoria isolata nel sud della Scozia insieme alla moglie Linda Eastman (24 sett 1941-17 aprile 1998). Una bella donna, una fotografa statunitense con un passato abbastanza impegnativo per quegli anni: un divorzio, una figlia, forse una vita sessualmente libera costellata di relazioni sentimentali con famosi musicisti ed attori. Linda aveva una gran bella testa, riuscì ad essere una buona moglie e una buona madre. Vegetariana ed amante degli animali riuscì ad educare al meglio la sua prima figlia Heather Louise e i figli che ebbe dopo il matrimonio del 1969 con Paul: Mary, Stella e James Louis. Paul McCartney, che si fece guidare in tutto da lei e divenne così uno dei primi vegetariani, forse il più famoso, anche perché quella scelta nel 1970 non era una scelta di vita molto popolare. Contemporaneamente si schierò contro l’utilizzo di ogni materiale di origine animale. Un genio normale, un uomo semplice, sensibile ed intelligente, un uomo da prendere come esempio. Insieme alla moglie sostenne l’organizzazione P.E.T.A. People for the Ethical Treatment of Animals. Sembra avesse anche dedicato una canzone al suo cane Bobtail femmina; la canzone è “Martha mydear” presente nel celeberrimo “White Album” del 1968, ma pochi anni dopo lui stesso affermò che non era così. Peccato! Paul ha una bella famiglia. I suoi figli hanno dimostrato di avere avuto una buona educazione e di preservare intatti nel loro cuore gli insegnamenti della loro madre circa il rispetto degli animali. Al di là delle bellissime parole delle sue canzoni c’è una frase importante che lui continuava a ripetere: “Se i mattatoi avessero le pareti di vetro, la maggior parte delle persone diventerebbe vegetariana. Grazie di tutto Paul.