di Stefania Romito
Buongiorno, cari amici del gruppo! Oggi ho l’immenso piacere di presentarvi Giovanni Magistrelli, uno scrittore estremamente interessante. Da decenni viaggia da un continente all’altro come Senior Export Manager, dividendosi tra aeroporti, aerei, hotel e autostrade. Ha iniziato a scrivere fin da ragazzo sperimentando e affinando le sue capacità su vari generi letterari, dalla fantascienza al thriller, dall’horror al racconto introspettivo. Nelle sue storie ama spesso inserire il suo inconfondibile humour ironico e sarcastico e pensa, prima o poi, di scrivere un libro sugli aneddoti riguardanti le numerose vicende assurde e divertenti cui ha assistito nel corso della sua vita lavorativa. Non ama scrivere in maniera autobiografica, tuttavia chi lo conosce bene sa che di tanto in tanto il suo volto si sovrappone a quelli di alcuni suoi personaggi. Dopo aver pubblicato nel settembre 2014 la raccolta di racconti “Gli occhi di Bryan” (Youcanprint) ed aver partecipato con il racconto “Milano è cambiata” al libro “Milano in cento parole” (Giulio Perrone Editore), nel dicembre 2015 è uscito il suo secondo libro e primo romanzo, “Il tempo degli dei” (Caosfera Edizioni).
Giovanni, tu sei una persona con moltissimi interessi. Sei appassionato di libri, di cinema, di musica e soprattutto di letteratura. Quali sono gli autori che prediligi?
Amo molto Stephen King, che reputo il massimo a livello di scrittura oggi, e del quale ho letto tutto. Poi prendo romanzi più di intrattenimento di autori come Clive Cussler, Robert Ludlum, Ken Follet. Ritengo inoltre che Tolkien abbia scritto dei capolavori. La cosa buffa è che il mio modo di scrivere non ha preso niente da questi autori.
Fin da ragazzo hai iniziato a sperimentare i vari generi letterari prediligendo la fantascienza, l’horror e il thriller. Ma è soltanto nel 2014 che decidi di dare alle stampe il tuo primo lavoro letterario intitolato “Gli occhi di Bryan”. Cosa ti ha indotto a prendere questa decisione?
Ho sempre amato sia leggere che scrivere. La maggior parte dei 21 racconti che compongono la raccolta “Gli occhi di Bryan” è stata scritta a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e poi parcheggiata in un cassetto. Mia moglie Isabella li ha trovati, letti e poi mi ha spinto a riprenderli in mano, quindi il merito è suo. Io li ho rivisti, riscritti, aggiungendone altri e alla fine, nel settembre del 2014, ho pubblicato il libro in selfpublishing.
Il tuo primo libro consiste, infatti, in una raccolta di racconti di fantascienza, gialli, thriller accomunati dalla volontà di scandagliare la mente umana alla ricerca dei suoi aspetti più reconditi e inquietanti. Ti posso chiedere da dove deriva questa tua predilezione?
Sicuramente il fatto che buona parte di essi siano stati scritti 25 anni fa rispecchiano molto la persona che ero allora, piena appunto delle inquietudini che vivevano in me tra i 20 e 30 anni. Però credo anche che, senza saperlo, tutti abbiano questa inquietudine alla base della propria esistenza. Viene chiamata spesso stress, paura, angoscia. E’ l’inquietudine, in realtà. Di vivere e di morire. Di amare e di odiare. Di costruire e di distruggere. E in tutti i racconti, anche se di genere diverso, essa traspare, a volte di più, a volte di meno, ma senza levare il piacere della lettura.
L’anno successivo dai alle stampe il tuo primo romanzo dal titolo “Il tempo degli dei”, edito da Caosfera Edizioni. Qual è stata la ragione che ti ha spinto a passare dal racconto al romanzo?
Dopo i racconti volevo cimentarmi con qualcosa di più arduo. Il passo successivo è stato questo romanzo di quasi 400 pagine. Bisogna anche dire che il mercato dei racconti ha un seguito solo per autori affermati, altrimenti i lettori prediligono i romanzi. Ho avuto un’idea, ho iniziato a svilupparla nella mia testa, poi ho incominciato a scriverla e i personaggi non mi hanno permesso di scriverla in poche pagine. E così “Il tempo degli dei” è nato.
Un libro in cui la mitologia norrena si va ad intrecciare con la nostra civiltà in una delle fasi storiche più drammatiche: la seconda Guerra Mondiale, oltre ad intrecciarsi con le principali religioni monoteiste planetarie (Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo). Una trama davvero molto avvincente e originale. Come è nata l’idea di dar vita a un romanzo di questo tipo?
Oggi il tema dei conflitti religiosi è purtroppo attuale come non mai. Le tre principali religioni monoteistiche sono quelle coinvolte maggiormente, con i loro fedeli sicuri di avere la verità assoluta e impegnati ad imporla agli altri. Mi sono domandato da dove venga tutta questa sicurezza, visto che nessuno ha certezze su chi, come e quando abbia scritto i cosiddetti testi sacri. Nessuno d’altra parte è mai ritornato dall’Aldilà per dirci quale dio sia quello vero. Allora, da sempre appassionato degli dei norreni, ho immaginato che fossero questi i veri dei, anche se dimenticati dagli uomini, e che ad un certo punto, delusi e spazientiti per le violenze compiute in nome delle religioni monoteistiche, decidessero di tornare ad intromettersi con noi mortali. Mi sono divertito a scriverlo e sembra che i lettori si stiano divertendo a loro volta a leggerlo, proprio perché è un romanzo inusuale.
La vicenda, ricca di azione, si svolge in varie città del mondo. Roma, Dubai, New York, Las Vegas sono solo alcune delle località in cui viene ambientato il romanzo. Questo carattere di internazionalità è funzionale alla storia, oppure è legato alla tua professione che ti porta a viaggiare spesso?
Sono un uomo sempre in viaggio, per lavoro e non, da decenni. Tutti, o quasi, i luoghi che troverete nel romanzo sono stati visitati, anche regolarmente, da me. Quindi ho unito l’utile al dilettevole ed ho pensato di far svolgere la storia in vari angoli del mondo per dare più ritmo a quello che è fondamentalmente un libro d’azione, un film, un videogioco. I lettori mi hanno detto finora che è parso loro di veramente trovarsi in giro per il mondo con i personaggi del romanzo e ciò mi ha ripagato per la decisione presa.
Gli dei, nel tuo romanzo, tendono ad abbandonare il loro carattere divino per assumere atteggiamenti spiccatamente umani. Qual è il messaggio che intendi veicolare con questa tua scelta narrativa?
Gli antichi dei nei pantheon pagani erano archetipi dell’uomo, non il dio perfetto che le religione monoteistiche presentano e predicano. Erano un riflesso dei nostri pregi e difetti e quindi più vicini a noi, oltre ad essere nati all’alba dei tempi per dare una spiegazione ai fenomeni naturali e climatici. Quindi siamo tutti dei nei nostri comportamenti quotidiani. Un momento siamo Loki, dio del caos, quando siamo arrabbiati. Il momento dopo diventiamo saggi e riflessivi come Odino, il creatore dell’universo. Questi dei sono più vicini a noi perché non abbiamo autorità religiose a fare da intermediari autoeletti con loro (chi avrà dato a papi, rabbini, imam il numero di cellulare di Dio, Javeh, Allah?). Ma il messaggio sotterraneo di tutto il romanzo è la tolleranza. Dobbiamo credere in ciò che vogliamo, ma tollerando la fede degli altri, perché non abbiamo la certezza di avere la verità assoluta e perché dobbiamo sempre ricordarci di non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi.
Nonostante la lunghezza notevole (circa 400 pagine), il romanzo riesce ugualmente a mantenere sempre costante la tensione. Come sei riuscito in questa difficile impresa?
Prima di tutto, spero di esserci riuscito. In ogni caso è stato arduo. Ho usato inconsapevolmente trucchi del mestiere appresi leggendo molto. Ho utilizzato spesso il trucco del cliff hanger, cioè terminare il capitolo lasciando intravedere quello che sta per succedere, ma rinviandolo alle pagine successive. Ai lettori il giudizio finale se sono riuscito nell’impresa.
Quali sono i tuoi progetti letterari futuri?
Sto proseguendo la divulgazione di “Il tempo degli dei” con presentazioni, eventi, interviste. Nel frattempo, visto che giornalisti, critici, librai hanno visto nel romanzo un futuro possibile nel mercato anglosassone (più che in quello italiano, a causa del mio modo di scrivere), sto facendo tradurre il libro e spero per fine anno di poter tentare l’avventura in terra americana. Nel frattempo ho terminato da poco un nuovo romanzo, altrettanto corposo, ma con temi completamenti diversi. Posso dire solamente che è ambientato a Milano e che ha per protagonista una donna. Al momento il mio agente letterario lo sta proponendo a diverse case editrici e spero che arrivi presto ai lettori. E non vedo l’ora di iniziare una nuova storia, che ho già in testa e che aspetta solo di essere scritta. In tutto questo, tra il mio lavoro e gli impegni di ogni giorno, voglio ringraziare ancora, per l’amore, il supporto e la pazienza, mia moglie Isabella e le nostre figlie Federica e Virginia. Concludo augurando buona lettura a tutti. Leggete tanto, perché vi renderà migliori.
E con questo utilissimo suggerimento, che condivido pienamente, ringrazio Giovanni per averci proiettato nell’affascinante mondo che contraddistingue questo suo bellissimo romanzo. Un romanzo intriso di mitologia, di storia, di religione e di suspense. Un libro avvincente e coinvolgente che si gusta come un film d’azione ma che induce anche a riflettere su importantissime tematiche più che mai attuali.
Colgo l’occasione per invitarvi tutti alla presentazione di Giovanni Magistrelli il 20 Settembre alle ore 18:30 al CENTRO LEONARDO DA VINCI di Milano. Avrò il grande piacere di fare da relatrice a questo straordinario scrittore. Non mancate!
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