di STEFANIA ROMITO
In ambito cinematografico la tematica dell’eresia è stata descritta in maniera differente a seconda del periodo storico rappresentato. Tale distinzione è legata alle diverse forme che l’attività repressiva della Chiesa assunse nel corso delle varie epoche. In questa relazione si intende evidenziare la diversa modalità di rappresentazione cinematografica tra Inquisizione romana, medievale e spagnola.
La filmografia che ha trattato la tematica dell’Inquisizione medievale ha messo in maggior risalto la religiosità, l’elemento dogmatico nei suoi aspetti di sacrilegio ed eresia.
Liberamente ispirato al romanzo di Umberto Eco, “Il nome della rosa” diretto da Jean-Jacques Annaud del 1986, tende a rendere più agevoli le riflessioni teologico-filosofiche che contraddistinguono la fonte letteraria, oltre a incentrare l’attenzione dello spettatore sull’elemento del giallo legato alle strane morti che avvengono nell’abbazia dei benedettini. Nel film viene accentuato l’aspetto sentimentale legato al personaggio della ragazza. È pura invenzione cinematografica l’associazione tra lo sconosciuto nome della ragazza e “il nome della rosa”. Come è noto, il titolo del romanzo rimanda, invece, a concetti propri della filosofia medievale.

Il contesto religioso rappresentato è contraddistinto da forti contrasti tra i francescani e i benedettini (assertori di una condotta umile e fautrice della povertà della Chiesa) con la Chiesa di Roma che non intende rinunciare alle sue ricchezze necessarie per combattere gli infedeli e convincere gli increduli.
Viene messo in risalto l’aspetto di razionalità e di astuzia del protagonista (frate Guglielmo) il quale antepone la ragione al cuore e alle superstizioni della Chiesa (personaggio che probabilmente rispecchia l’autore del romanzo in quanto rappresentante della sua personale concezione in materia di religione). Emerge in maniera netta la contrapposizione tra la mente razionale di frate Guglielmo e la cieca superstizione della Chiesa.
L’Inquisizione viene rappresentata nel suo aspetto più spietato e viene incarnata dal temibile inquisitore Bernardo Gui, personaggio che si contrappone a frate Guglielmo, anch’egli inquisitore in passato quando il compito della Chiesa era quello di “guidare” e non quello di “reprimere”. Guglielmo simboleggia il volto autentico della Chiesa cristiana mentre Bernardo Gui ne raffigura quello più sordido e repressivo. L’Inquisizione, che non esita a servirsi dello strumento della tortura per incutere timore, appare ingiusta e incapace di ricercare la verità. Il regista ha voluto arbitrariamente impartire una punizione esemplare al crudele inquisitore il quale verrà condannato dalla legge divina.
La Chiesa viene considerata custode e generatrice di paura. Paura che viene indotta mediante le torture e la censura di ogni aspetto dell’essere umano che possa esorcizzare la paura, come il riso. “Il riso elimina la paura. Senza paura non ci può essere la fede. Senza la paura del demonio non c’è più necessità del timor di Dio”. Viene condannato anche il desiderio di conoscenza, il sapere acquisito mediante i libri, poiché il dubbio è nemico della fede.

Una Chiesa che si fa promotrice della liberazione di un popolo è l’immagine che emerge dal film “Giovanna D’Arco” di Luc Bresson (1999) in cui la profonda religiosità della giovane eroina di Francia ne è l’indiscussa protagonista. Una religiosità che emerge fin dall’infanzia attraverso innumerevoli segni che Giovanna interpreta come divini. La futura santa si ritiene investita da Dio della missione di difendere la Francia dagli inglesi. Missione che dichiara anche al cospetto del Delfino di Francia. L’iniziale sospetto di eresia da parte dei consiglieri reali viene soffocato dal desiderio di salire al trono da parte del Delfino, il quale vede in Giovanna un mezzo per raggiungere il suo obiettivo. Viene posto in assoluta evidenza il carattere persuasivo di Giovanna, sostenuta dalla grazia divina, nel convincere il nemico ad arrendersi.
Nel film viene dato massimo rilievo alla crisi mistica di Giovanna di fronte allo scempio dei corpi caduti in battaglia. In risalto il conflitto interiore di Giovanna tra quella che lei avverte essere la sua missione di salvare la Francia contro gli inglesi e i messaggi cristiani di amore e fratellanza verso il prossimo.
La Chiesa e il suo organo inquisitorio vengono rappresentati come alleati del potere politico. Giovanna viene accusata dall’Inquisizione di non riconoscere l’autorità della Chiesa, di avere peccato nella fede di Dio, di essere figlia della superstizione, di aver deviato dalla fede, di aver invocato i demoni, di essere eretica. Chiesa che manifesta in extremis la volontà di volerla assolvere, convincendola a firmare il suo pentimento, per poter passare la questione al potere politico.
Il regista dedica ampio spazio alla auto-confessione di Giovanna. In un dialogo con la sua coscienza, la ragazza confessa i suoi peccati per salvare la sua anima. Ammette di aver voluto interpretare come “divini” segni frutto della sua mente, dettati dalla disperazione e dal desiderio di vendetta personale. Confessa a se stessa di essere stata superba, egoista e crudele. Accetta la morte come emendazione e purificazione dell’anima.
Una Chiesa più intransigente nella lotta contro le eresie, che si avvale abitualmente delle torture concepite come strumento di verità, viene rappresentata nella filmografia avente per protagonista l’Inquisizione spagnola.
Nel film “L’ultimo inquisitore” di Miloš Forman (2006) l’Inquisizione spagnola, al fine di contrastare la minaccia e il dilagare delle teorie illuministe, rafforza notevolmente il suo potere anche attraverso il ripristino di vecchie torture come quella della “corda”. Viene aumentata l’intransigenza e la severità contro i nemici della fede. L’Inquisizione spagnola, qui rappresentata dal Cardinale Gregorio, appare estremamente sospettosa, indagatrice, non esita a condannare alla carcerazione vittime innocenti definendo “eretico” ogni minimo segno, vero o presunto. Eresia che viene ricercata ovunque, nell’arte così come nelle abitudini alimentari della gente comune. Il rifiuto di mangiare carne di maiale diventa un indicatore di eresia. Nel film, l’attrice protagonista (Ines, interpretata da Natalie Portman) viene accusata di giudaismo perché rifiuta di mangiare la carne di maiale. La confessione le viene estorta con la tortura.

Sotto accusa sono anche gli aspetti scientifici che emergono dalle idee illuministe. Una Chiesa che viene mostrata falsa e subdola mediante la figura contraddittoria di Padre Lorenzo. Esponente ecclesiastico intransigente e ricco di contraddizioni, Padre Lorenzo appare dapprima un massimo difensore dei dogmi della Chiesa, cede in seguito ai piaceri delle carne e, infine, si converte alle idee illuministe.
A lui il regista affida il compito di affermare con intransigenza il dogma della verità della “corda”: “La confessione estorta sotto tortura è verità in quanto se la persona è timorata di Dio riceverà la forza per contrastare il dolore fisico. Dio gli darebbe la forza di resistere ad ogni dolore e di negare ogni falsa accusa, quindi chi cede e confessa deve essere colpevole”. Una asserzione che verrà contraddetta da lui stesso quando, una volta sottoposto a tortura, si ritroverà a confessare una falsa verità, infrangendo così il dogma della verità della tortura. Perseguitato dalla Chiesa per aver ammesso il “falso”, Padre Lorenzo aderirà alle idee illuministe e verrà condannato a morte dall’Inquisizione spagnola durante la Restaurazione.
In questa pellicola cinematografica anche l’occupazione dei francesi, seppur portatrice delle idee illuministe, viene rappresentata nel suo aspetto più atroce e violento. Durante l’occupazione francese in Spagna verrà abolito il Sant’Ufficio, che verrà debitamente ripristinato durante la Restaurazione.
Il regista ha voluto evidenziare le atrocità dell’Inquisizione spagnola molto simili, a suo parer, a quelle perpetrate nel suo Paese (Cecoslovacchia) durante la dittatura comunista nel corso degli anni Cinquanta.

La barbarie legata alle torture dell’Inquisizione spagnola emerge anche nella pellicola cinematografica liberamente ispirata al racconto di Edgar Alla Poe “Il pozzo e il pendolo”. Un film in cui l’aspetto psicologico si fonde al mistero e alla tensione. L’elemento più “scenografico” del racconto di Poe (ovvero l’enorme pendolo in acciaio che oscilla sospeso sul corpo del prigioniero) viene utilizzato in diverse pellicole cinematografiche tra cui quella diretta da Roger Corman del 1961 e interpretata da Vincent Price. Il cinema, in questo caso, ha cercato di trasporre un aspetto dell’Inquisizione spagnola che Poe rende protagonista assoluto del suo racconto, nei suoi aspetti più inquietanti e terrificanti.
La pellicola diretta da Corman è soltanto in parte ispirata al capolavoro letterario di Edgar Allan Poe. La storia di cui narra Poe nel suo racconto, ossia le torture subite da un prigioniero dell’Inquisizione spagnola descritte in chiave introspettiva e psicologica, in questo film viene sostituita da una vicenda di tradimenti e adulteri ai quali fanno da sfondo gli strumenti di tortura utilizzati dall’Inquisizione spagnola. In primo piano vi è l’intransigenza della morale cattolica nei confronti dell’adulterio che deve essere punito con la morte. L’Inquisizione appare come un fantasma che dal passato riporta le sue atrocità. La sua efferatezza è in grado di agire sulla psicologia delle persone inducendole alla follia ed enfatizzandone gli aspetti più bestiali.
Il pozzo e il pendolo diventano simbolo della cieca intransigenza di un fanatismo religioso nei confronti di coloro che cedono al peccato. Qui la spettacolarizzazione della tortura non è tanto dovuta ad invenzione cinematografica, quanto al desiderio di voler trasporre in immagini le suggestioni create dal racconto di Edgar Allan Poe.