Liriche che si assaporano lentamente e che incantano e catturano come dipinti.
Non è un caso che Alessandro Monticelli, autore della suggestiva raccolta poetica “Radici in aria”, edita da Lupi Editore, oltre che poeta sia anche pittore. Il suo verso libero, pennellato da vivaci enjambement, tende a restituirci una rappresentazione fotografica della nostra società osservata con uno sguardo disincantato, disilluso ma non privo di speranza. I toni caldi e sensuali che sgorgano dai suoi versi si fondono a intense malinconie esistenziali, mentre le parole, talvolta aspre e graffianti, tratteggiano e scandiscono situazioni del quotidiano in un intreccio accattivante di sogno e realtà, in una commistione appagante dei sensi. Il tatto, l’olfatto, la vista, tutto ci riporta a una realtà straordinariamente oggettiva, ad una società rappresentata nel suo aspetto più degradante dove non mancano accenti nostalgici e vacui rimpianti.
La scelta stilistica tipicamente modernista di Monticelli, che ci rimanda inevitabilmente alla poetica eliotiana, fa sì che nei suoi versi non vi sia un’ordinata sequenza di pensieri ma piuttosto una serie di immagini, fotogrammi, non necessariamente collegati l’uno all’altro con connessioni logiche. Il rimando a Eliot è evidente non solo nell’utilizzo del verso libero ma soprattutto nella straordinaria capacità di accostare immagini di malinconica quotidianità a visioni di profonda bellezza mediante l’uso di versi duri e taglienti che si alternano a termini aulici e colloquiali. La sua suggestiva poetica restituisce un ritratto dell’uomo contemporaneo annullato nei propri vizi, nel proprio cinismo, naufragato in un atipico narcisismo alla ricerca spasmodica di una salvezza esistenziale.
Stefania Romito