di STEFANIA ROMITO
Il Decameron è scritto in una lingua prosastica, elaborata con costruzione di tipo ipotattico. Il titolo ha una chiara matrice greca. La parola “deca” significa “dieci”, mentre il termine “meron” indica “giorni”. L’opera, infatti, si dipana nell’arco di dieci giornate, nelle quali si distribuiscono cento novelle che vengono narrate da dieci giovani a turno (sette donne e tre uomini).
Siamo nel 1348. I dieci giovani si rifugiano in una località nei pressi di Firenze per sfuggire alla peste e, attraverso il racconto delle novelle, vanno di fatto a creare una realtà compensatoria, la cosiddetta “cornice”, che tiene insieme il variegato tessuto narrativo. Il tema della narrazione come motivo di consolazione di un pericolo incombente, è un motivo che connota la struttura di un’altra opera importante: Le Mille e una notte. Ma nel caso dell’opera boccacciana vi è una novità poiché il pericolo è estraneo al libro, nel senso che la peste viene evocata dai dieci narratori senza essere presente nella storia. Nel Decameron il raccontare si svolge in un separato “locus amoenus” nel quale la piccola compagnia si isola cercando di ignorare il pericolo.
L’opera è stata composta subito dopo la peste e la sua stesura è durata tre anni nel corso dei quali Boccaccio la riscrive più volte. Infatti il Decameron presenta due o tre redazioni.
L’ingegno di Boccaccio sostituisce le novelle al racconto lungo. Racconti brevi che trattano una pluralità di argomenti che vanno dalla tematica amorosa, alle storie nostalgiche, agli argomenti sacri, ironici e altro.
Il sottotitolo è estremamente significativo: “Cogniminato Prencipe Galeotto”. Vi è un evidente richiamo alle avventure del Lancillotto. Galeaut, che era stato intermediario fra Lancillotto e Ginevra e che viene nominato da Dante nel V canto dell’Inferno, assume il significato di amico, confidente, intermediario per le pene d’amore. Questo ruolo consolatorio è svolto da Galeotto nei confronti delle donne afflitte dall’amore.
Uno degli obiettivi dell’opera è quello di sancire il diritto alla vita contro la morte. Si percepisce una forte esigenza di restaurare i valori che la peste ha inevitabilmente travolto, come la razionalità, l’onestà, il decoro, ecc.
La brigata dei dieci ragazzi intende restaurare l’ordine, per questo organizza le proprie giornate in maniera estremamente ordinata, seguendo un modello medievale di organizzazione: quello della monarchia a rotazione. Ogni giorno si procede con l’eleggere un re o una regina che ha il compito di stabilire l’argomento delle novelle al quale bisogna attenersi. Ciascuna giornata si conclude con una ballata cantata a turno da uno dei giovani. Il fatto che ogni giornata sia caratterizzata da una introduzione e da una conclusione, oltre che dalle reazioni dei giovani alle novelle narrate, è indicativo di una interazione tra novella e cornice.
Ogni giornata, quindi, prevede una propria tematica. Nella prima giornata l’argomento è libero. La seconda giornata è dedicata alle vicende a lieto fine, la terza all’ottenimento di una cosa desiderata, la quarta agli amori sventurati, la quinta agli amori desiderati, la sesta ai motti di spirito, la settima alle beffe delle donne, l’ottava agli inganni, la nona a un argomento libero e la decima alla liberalità e alla magnificenza.
L’ideale itinerario ascensionale è definito dal passaggio tra vizio e virtù. Il libro inizia con la prima novella di Messer Ciappelletto, un peccatore che sul letto di morte rilascia al prete una falsa confessione che lo fa apparire quasi un santo. Boccaccio avverte l’esigenza di iniziare il libro nel nome di Dio, quindi con un argomento religioso. Tuttavia, sebbene la novella tratti una tematica religiosa, la morale che ne deriva è senza dubbio laica. Del resto, Boccaccio ci propone in tutta l’opera una visione laica del mondo, a iniziare dal sottotitolo e dai nomi dei novellatori (Lauretta, Filostato, Fiammetta, Panfilo ecc.). La cornice ha la funzione di legare a sé tutto il materiale. Un’architettura razionale e sistematica che assicura la piena godibilità dell’opera.
Un ruolo importante viene assegnato al mondo mercantile e commerciale, dal quale proveniva lo stesso Boccaccio, e ad aspetti tra cui il denaro, il successo, l’astuzia, l’intraprendenza.
Dopo il Decameron Boccaccio abbandona la narrativa per avvicinarsi a nuovi interessi culturali dovuti all’amicizia con Petrarca insieme al quale si pone quale rifondatore del classicismo europeo. La sua casa diventa un polo culturale nel quale si riuniscono quegli intellettuali della generazione successiva. Sarà Boccaccio ad avviare una importante corrente umanistica con la lettura di testi latini e greci. La conseguenza sarà che la tradizione classica non sarà più soltanto latina ma anche greca e prenderà vita un nuovo tipo di approccio alla valutazione del rapporto con gli antichi. Mentre Petrarca sosteneva la superiorità della lingua latina, Boccaccio, soprattutto nelle ultime opere, attribuisce alla letteratura greca un ruolo di nobilitazione della letteratura latina. In lui vi sarà sempre una forte compresenza di molti elementi culturali. Si avverte una abile mescolanza delle forme (prosa, verso, volgare, latino) e la piena padronanza di tutti gli elementi delle tradizioni letterarie (classica, latina, medievale, volgare e romanza).
Ma al di là degli aspetti stilistici, ciò che affascina maggiormente in Boccaccio è una forte vocazione per la letteratura di intrattenimento, dall’architettura prettamente medievale.